Bella Pov.
Da quel giorno in
aeroporto sono passati tre mesi e dieci giorni.
Seth è andato a
Londra a trovare James, grazie al biglietto regalatogli a Natale. Era così
contento quando è tornato che doveva essere per forza successo qualcosa di
bello, qualcosa di molto bello. In cuor mio speravo che James gli avesse confessato
la sua voglia di venire a Seattle, di restare con lui qui, definitivamente. Il
mio fratellastro però non si è sbottonato troppo sulla questione. Ha preferito
raccontarci a grandi linee come aveva passato quei giorni, senza entrare nei
dettagli. Dire che morivo dalla curiosità era un eufemismo.
Avevo chiesto
spiegazioni a Edward in una delle tante videochiamate, per lui notturne per me
pomeridiane, ma anche lui brancolava nel buio.
Ebbene sì, con
Edward le cose procedevano a meraviglia. Il suo tirocinio prevedeva settimane
tranquille, settimane frenetiche, settimane in cui il lavoro era infinito e
tornava a casa con ore di ritardo, giorni in cui c’era quasi calma piatta e
riusciva a rilassarsi e recuperare un po’ di sonno perduto.
Aveva mantenuto la
sua promessa, nonostante tutto. Quando aveva un momento libero mi chiamava, era
sempre sorridente anche se capivo dai suoi occhi quando era stanco, arrabbiato
o quando era semplicemente triste. Avevo imparato, stando con lui, che anche
gli uomini a volte erano malinconici per gli stessi motivi per cui lo eravamo
noi femminucce. Quando la prima volta mi aveva guardato e, allungando una mano
sullo schermo come se potesse accarezzarmi davvero, mi aveva detto “Mi manchi
piccola” mi ero completamente sciolta e avrei tanto voluto usare il biglietto
che mi aveva regalato.
E invece mi sono
commossa, gli ho sorriso e gli ho risposto che anche lui mi mancava, ma che
avevo trovato la sua camicia nell’armadio. Lui aveva ridacchiato e mi sono
fatta raccontare di come era riuscito a nasconderla così bene.
Ogni giorno poi
scoprivo un biglietto, un pacchettino, piccoli regalini, come se avesse pensato
per me una caccia al tesoro. Ad ogni ritrovamento sorridevo e mi commuovevo.
Era stato così attento e premuroso, così dannatamente romantico che non lo
dissi a nessuno, volevo che restasse una cosa solo mia, per paura che
rovinassero l’atmosfera e la favola in cui ero caduta.
C’erano stati
momenti difficili, quelli in cui mi veniva da piangere e mi trovavo a stringere
la sua camicia tutta la notte, bagnandola con le lacrime malinconiche. C’erano
stati momenti in cui mi arrabbiavo con me stessa per aver scelto di restare a
Forks e non essere partita con lui. Poi guardavo Claire, Sue, mio padre…mi
guardavo attorno e mi accorgevo che tutte queste cose a Londra mi erano mancate
fino all’osso, che ero stata già troppo tempo lontana da casa, per troppi
motivi e quello era il momento giusto per essere in famiglia.
Pochi giorni prima
di San Valentino una scuola di Seattle, a cui avevo mandato un curriculum, mi
ha chiamata per un colloquio. Pensavo fosse il solito buco nell’acqua, il
solito “le faremo sapere” che poi cade irrimediabilmente nel dimenticatoio.
Invece no. Il giorno dopo mi hanno contattata per prendere appuntamento e firmare
un contratto di tre anni, avrei insegnato in un liceo a partire da quel
Settembre.
Ero contenta.
Felice. Realizzata.
Avevo chiamato le
ragazze, Tanya aveva fatto una delle sue solite battutine, Alice e Angela
invece erano la felicità in persona. Mi mancavano. Quelle tre pazze, amiche
completamente fuori di testa, coinquiline meravigliose…avevano riempito il mio
cuore per molto tempo e ancora adesso ne occupavano buona parte. Abbiamo
concluso la nostra videochiamata un’ora e mezza dopo, nonostante i nostri
rapporti non si siano mai raffreddati, nonostante continuiamo a mantenerci in
contatto e chiamarci tre volte alla settimana, abbiamo sempre qualcosa di cui
chiacchierare. Dopo di loro è stata la volta di Edward. Era così entusiasta per
me che mi sono commossa.
Quando ami qualcuno,
anche se è a distanza di miglia e miglia, non ti importa che continuerà a
essere distante; la cosa davvero essenziale è saperlo felice e orgoglioso di sé
stesso. Mi ha ripetuto mille volte quanto fosse orgoglioso di me, ed anche se a
volte non lo diceva a parole i suoi gesti, i suoi occhi, il suo sorriso e la
passione nel parlare ne erano un chiaro segno.
Tante volte in
queste settimane mi sono trovata a fantasticare o a ricordare. I momenti in cui
tornavo indietro nel tempo erano quelli più dolorosi. Chissà perché,
solitamente, quando guardi indietro riesci a vedere solo le cose negative e con
molta difficoltà riemergono quegli istanti belli e romantici. E’ quello che mi
è accaduto ancora una volta. Tornare indietro nel tempo, pensare alle liti,
pensare al periodo subito dopo alla sua vittoria, quando il successo aveva
cambiato la sua vita e la nostra relazione appena nata. Adesso, con il senno di
poi, mi rendo conto di quanto eravamo impreparati ad accogliere una rivoluzione
così, nelle nostre vite. Solo dopo tutto questo tempo mi accorgo di quanto sia
stata stupida nel tentare di salvare qualcosa che a quel tempo non era fatto
per noi. Non eravamo adatti a vivere quel momento, non eravamo pronti. La
nostra storia era costruita su fondamenta troppo instabili, per quanto avessimo
aspettato, per quanto avessimo fatto tutto con calma…Non potevamo reggere il
peso del successo, delle feste sfarzose, della gente arrogante, arrivista e dei
mille impegni che ci dividevano.
Ogni volta che
pensavo a quei giorni, a quelle settimane, era inevitabile accarezzarmi le
braccia o toccare la gamba all’altezza di quelle cicatrici che mi avrebbero
accompagnata nel tempo. Lo facevo senza rendermene conto, erano gesti
automatici. Quelli erano i miei segni sulla pelle più dolorosi, più dei
tatuaggi, più delle ferite da bambina. Quella parte di me sarebbe sempre
rimasta lì a ricordarmi gli errori che sono stati fatti in passato e che non
devono essere ripetuti; errori che ci potevano costare la vita ad un certo
punto…ma che ci hanno insegnato quanto siamo importanti l’uno per l’altra, alla
fine.
Mi stringevo addosso
la sua camicia o tra le mani qualcosa che mi aveva lasciato qui in camera, e
quando sentivo le lacrime arrivare le scacciavo, pensando che anche se eravamo
lontani, ora come allora, non era la stessa cosa. Non dicevo nulla a Edward per
non farlo preoccupare, per non fargli credere che fossi debole, per non
rischiare di sentire di nuovo le sue scuse. Non ne avevo bisogno.
Ma non gli raccontavo
neppure delle mie fantasie, dei momenti in cui pensavo alla casa,
l’appartamento dove potevamo vivere insieme, o ad un cane da accudire.
Immaginavo di scegliere insieme i soprammobili, le lenzuola per il nostro
letto, il sapone per le mani e tutte quelle cose dal sapore di quotidianità.
A volte, mentre Leah
e Jake parlavano o quando non ero la diretta destinataria del discorso, mi
isolavo e immaginavo di avere Edward al mio fianco, di passeggiare per qualche
via finito l’orario di lavoro o di preparare il pranzo alla domenica per le
nostre famiglie. Sognavo ad occhi aperti e mi ritrovavo a sorridere.
Poi tornavo con i
piedi per terra, con quattro paia di occhi rivolti verso di me, curiosi e in
attesa.
-Parlavate con me? –
domandai cercando di buttarla sul ridere, cosa che riuscii a fare dato che poi
scoppiarono tutti e quattro insieme.
-No, scherzi?
Guardavamo solo il tuo viso, devi essere andata da poco dall’estetista…perché
sei così rilassata! – dice Leah fermandosi un secondo dal ridere, ma so già che
non è finita qui la sua battuta. –Quello…oppure stavi pensando a come stenderai
sul letto o sul pavimento Edward quando andrai a trovarlo!
Un altro colpo di
risa li coinvolse, anche se io non ci trovavo nulla di così esilarante.
-Allora, quando
pensi di usare quel biglietto per Londra? – la domanda si ripete all’infinito.
In questi mesi me l’avranno posta mille volte, ed io ho sempre scosso le spalle
e glissato sull’argomento. Lo faccio anche questa volta, guadagnandomi
un’occhiataccia da Seth.
-Bella…il biglietto
te l’ha regalato perché lo utilizzassi…- mi tappo metaforicamente le orecchie e
penso ad altro, mentre seguo con il dito le linee del tavolo in legno su cui
sono appoggiati i nostri bicchieri. Sempre la stessa cosa. Edward mi ha
regalato il biglietto, devo usarlo, non posso far passare altri tre mesi perché
allora lui avrebbe finito il tirocinio, magari anche gli esami e sarebbe
passato troppo tempo senza vederlo. Ma se i problemi non me li facevo io…perché
mai devono farseli loro?
Inoltre, da quando
Seth e Leah hanno appianato le loro divergenze, da quando si sono chiariti
rimanendo due giorni in casa a parlare di tutto, il mio fratellastro non
patteggia più per me. Sta dall’altra parte della barricata insieme agli altri.
Jake poi, non ne parliamo! E’ il primo che spinge affinché io parta, perché
faccia qualcosa per stare con Edward, per essere sicura di non perderlo. Ma se
non me li faccio io i problemi, perché loro?
Il fatto sostanziale
in realtà è che le domande me le pongo anche io, i problemi, i dubbi, i
fraintendimenti, alimentano un senso di angoscia che tante volte mi prende e
non mi lascia respirare bene. In più gli occhi mi si riempiono sempre di
lacrime e mi vergogno, mi sento a disagio a mostrarmi così debole davanti a
lui. Il più delle volte, quindi, mi capita di lasciarmi andare quando sono da
sola, o con Seth, il quale poi fa la gallinaccia di paese e va a raccontare i
fatti miei agli altri.
-Lo so come la
pensate, l’avete già detto e ridetto, davvero avete ragione. Ma non me la sento
di partire adesso, in questo momento Edward ha bisogno di tranquillità e non di
me che gironzolo per casa e che richiedo attenzioni… - non volevo dare
spiegazioni, ma ero stufa di sentirmi ripetere sempre le stesse cose.
Solo io sapevo come
davvero era la situazione a Londra, solo io sapevo come stava Edward e i suoi
impegni. Andava tutto bene, certamente, nell’ultima settimana però l’ospedale
gli aveva dato più impegni, era stato cambiato di reparto e l’ambiente non gli
piaceva come quello precedente, per cui adattarsi era difficile. Spesso si
lamentava dei colleghi, delle infermiere…in realtà era qualche settimana che si
lamentava di qualsiasi cosa. L’unica persona di cui non si lamentava ero io. I
suoi genitori lo invitavano a pranzo e lui andava volentieri, giusto per
staccare la spina dal suo appartamento, ma poi quando rientrava non era mai
contento. Il livello di stress in lui era così alto da leggersi chiaramente in
faccia, anche se non voleva ammetterlo. In più nelle ore libere studiava e a
fine febbraio era riuscito a dare un esame davvero tosto per cui si era
preparato a lungo. Sapevo che il percorso era ancora lungo, che il tirocinio
sarebbe durato fino a Settembre e che dopo la laurea gli spettavano altri tre
anni di gavetta prima di vedersi riconosciuto qualche titolo. Lui dice sempre
che scegliere di fare il semplice medico, di non specializzarsi, è la via
giusta per avere in mano qualcosa nel più breve tempo possibile…io penso sempre
che sia una rinuncia che non è da lui. Non ho più cercato di convincerlo a
continuare gli studi, ho lasciato che decidesse da sé, anche se nel futuro che
immagino spero sempre non si debba pentire di questa scelta.
Proprio per questo
periodo di forte stress ho pensato che non è il momento giusto per partire,
stabilirmi a casa sua per tutto il tempo che resterò lì e dargli noia quando
torna a casa stanco e distrutto. Forse la nostra storia funziona bene proprio
perché siamo lontani, perché non c’è motivo di discussione, di litigio. Non si
può mandare avanti una storia così all’infinito, lo so già…ma la paura di
tornare a Londra e rivivere un brutto momento…mi blocca qui, in questa
cittadina.
-Perché…Edward ti ha
forse detto che non è il caso che tu parta? Gliene hai parlato? Gli hai chiesto
lui cosa ne pensa?
Nel caso partissi,
comunque non glielo direi. Preferirei mille volte sorprenderlo e vedere i suoi
occhi brillare perché ci sono io, dall’altro lato della porta. Preferirei la
gioia del momento, quella vera, pura senza filtri. Anche se…quando ho voluto
fargli sorprese in passato, direttamente a casa sua, non è che siano venute
esattamente bene.
Potrei provare a
chiederglielo…potrei?
Mossa da una strana
voglia e frenesia prendo il telefono e apro un foglio bianco per inviargli una
mail.
Object: Cosa ne dici se…
Sono
fuori con gli altri e, per l’ennesima volta, mi hanno chiesto come mai il
biglietto che mi hai regalato è ancora custodito nel comodino.
Invio e resto in
attesa della sua risposta. Da lui sono le prime ore del mattino, so che è già
al lavoro da un’ora mentre io sono qui a chiacchierare e far tardi davanti al
secondo bicchiere di birra.
Cerco di fare
attenzione alla conversazione, che finalmente si è spostata su Jacob e Maggie e
la loro voglia di trovare una casetta tutta per loro. Seth ridacchia delle
facce dell’altro ragazzo seduto al tavolino, mentre Leah e Maggie chiacchierano
di dettagli di mobilia, arredamento vari, che fanno già venire l’orticaria al
mio amico. Seth, nonostante abbia fatto pace con sua sorella, preferisce
continuare a vivere a casa Swan, giusto per godersi a pieno la nuova sorellina
e far disperare me!
Sento la vibrazione
del telefono e le mie mani corrono da sole ad aprire la mail in arrivo.
From: edcullen41@gmail.com
From: edcullen41@gmail.com
Object: Cosa ne dici se…
E tu cosa hai risposto?
E tu cosa hai risposto?
Sorrido e digito in
fretta.
“Che non
è il momento adatto per partire e venire a trovarti perché sei stressato e
rischio di aumentare il sovraccarico……”
L’attenzione non
riesco più a focalizzarla sul gruppo e mi perdo ancora, nei miei pensieri,
nelle mie fantasie, nei ricordi…Vorrei tanto baciarlo adesso, vorrei che fosse
qui, vorrei riuscire a stringerlo forte e inspirare il suo profumo delizioso.
Desidero sentire le sue mani sulla pelle, accarezzarmi, toccarmi, farmi venire
i brividi da quanto è delizioso il contatto.
Nel momento in cui
immagino la sua bocca che scende sul mio seno, la vibrazione mi avvisa della
sua risposta e rimango di stucco.
“Ok…”
Rimango sbigottita
di fronte a quella parola.
Ok.
Vorrei urlare che
“Ok” non è una risposta adatta, che così non fa altro che confermare i miei
dubbi e invece avrei bisogno di essere spronata a partire.
Parlagliene, mi
hanno detto. Ho provato a intavolare un discorso…capisco che è al lavoro, che
probabilmente non può usare il telefono, però mi aspettavo un po’ più di
interesse. Anche se avesse risposto più tardi, in un momento libero, andava
bene…come ha sempre fatto. E invece….ok.
Lascio il telefono
nella borsa, determinata a scoprire di più nella prossima videochiamata.
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Ho dormito poco e
male.
Sono due sere che
guardo il soffitto finché gli occhi non si chiudono completamente. Sono due
giorni che tento tutti i metodi per dormire, fallendo miseramente. Quando
riesco ad addormentarmi fuori già inizia a vedersi una debole luce e mio padre,
solitamente, si sta preparando per andare in centrale.
Il motivo?
Edward Cullen!
Poteva essere
qualcun altro? No.
Poteva andare tutto
bene, sempre bene, infinitamente bene? No.
Dalla sera
dell’uscita con Leah e gli altri ci siamo scambiati alcune mail e siamo riusciti
a parlare su Skype poco meno di due minuti; giusto il tempo di fare il punto
della situazione, dirci che ci amiamo e spegnere. Lo so che probabilmente sono
tutte cose che mi metto in testa da sola, ma è come se ci fosse qualcosa di non
detto, come se la conversazione dell’altro giorno avesse spezzato qualcosa. Ero
decisa a parlarci, ero convinta che avremmo risolto tutto, perché si trattava
solo di fraintendimenti alla fine.
Avevo sempre il
computer acceso, Skype sempre pronto a qualche telefonata, videochiamata o
chattata veloce. Il cellulare aveva sempre la vibrazione e il suono così che
potessi sentirlo ovunque. Non volevo perdere l’occasione di parlargli perché
stavo facendo qualcosa.
Sapevo che stava
lavorando e che nei momenti liberi si buttava a capofitto nei libri, cercavo
sempre di tenerlo a mente. Per quello non l’avevo ancora chiamato e esortato a
dirmi cosa non andasse. Non volevo che mi rispondesse “Bella, il lavoro mi sta
massacrando e non ho tempo neppure per finire la relazione che devo consegnare
tra poche settimane” e tutte le altre cose che mi avrebbero fatta sentire una
deficiente. Alle volte sembravo infantile ed egoista, avevo il timore di
sbagliare e di perderlo, ci eravamo promessi di dirci tutto, di chiarire, ed
ora sentivo che c’era qualcosa che lui non mi stava dicendo. Non sapevo come
affrontare questa situazione senza sembrare un insensibile che non capisce che
è pieno di impegni e che la stanchezza lo massacra.
Stavo aiutando Sue a
fare il bucato quando il telefono vibrò segnalandomi una mail.
From: edcullen41@gmail.com
From: edcullen41@gmail.com
Object: Vieni con me?
Ho bisogno di una vacanza, sole, mare, il caldo che mi fa sudare la pelle come un cammello…voglio partire domani e tornare il più tardi possibile. Vieni con me?
Ho bisogno di una vacanza, sole, mare, il caldo che mi fa sudare la pelle come un cammello…voglio partire domani e tornare il più tardi possibile. Vieni con me?
Sorrisi a quello strano messaggio, a volte era così sfinito da dire cose senza senso. Pensai ad un viaggio insieme, erano anni che non facevo una vacanza nel vero senso della parola. Il mare, una spiaggia…Certo, c’era sempre La Push, ma non era la stessa cosa.
From: bellswan@gmail.com
Object: Le tue idee mi piacciono!
Non ricordo neppure più quando è stata la mia ultima vacanza! Accetterei volentieri…e dimmi, dove vorresti andare?
From: edcullen41@gmail.com
Non ricordo neppure più quando è stata la mia ultima vacanza! Accetterei volentieri…e dimmi, dove vorresti andare?
From: edcullen41@gmail.com
Object: Qualunque posto…
Allora è il momento buono per pianificarne una! Partiamo, non importa dove andiamo. Io e te, sole, caldo…una spiaggia intima così che possa spogliarti e fare l’amore con te sulla sabbia… Prenoto i biglietti!
From: bellswan@gmail.com
Allora è il momento buono per pianificarne una! Partiamo, non importa dove andiamo. Io e te, sole, caldo…una spiaggia intima così che possa spogliarti e fare l’amore con te sulla sabbia… Prenoto i biglietti!
From: bellswan@gmail.com
Object: E spiaggia deserta sia!
La proposta è davvero allettante! Mi piacerebbe anche una casetta sulla spiaggia, una di quelle tipiche, con le tende bianche svolazzanti, i balconi colorati, la sabbia che entra e sporca il pavimento…un cancelletto che si apre direttamente sulla spiaggia e il mare a pochi passi. E voglio un divano di vimini fuori, per fare l’amore con te con il suono delle onde di notte!
La proposta è davvero allettante! Mi piacerebbe anche una casetta sulla spiaggia, una di quelle tipiche, con le tende bianche svolazzanti, i balconi colorati, la sabbia che entra e sporca il pavimento…un cancelletto che si apre direttamente sulla spiaggia e il mare a pochi passi. E voglio un divano di vimini fuori, per fare l’amore con te con il suono delle onde di notte!
Non sapevo come mai aveva voglia di viaggiare così tanto con la fantasia, ma mi piaceva la piega che stava prendendo la nostra conversazione. Mi piaceva sapere di avere un uomo che mi amava, pronto a scappare con me, a condividere con me una vacanza, una casa, una vita. Non ne avevamo veramente parlato ma nei suoi occhi e nei suoi gesti avevo capito che la nostra relazione non si sarebbe fermata qui, saremmo andati avanti, avremmo costruito qualcosa insieme. Per davvero.
From: edcullen41@gmail.com
To: bellswan@gmail.com
Object: Non tentarmi…
Bimba, non fare così…o prenoto sul serio!
Mi manchi…Ti amo!
From: bellswan@gmail.com
Bimba, non fare così…o prenoto sul serio!
Mi manchi…Ti amo!
From: bellswan@gmail.com
Object: Non tentare neppure tu!
Come mai hai così tanta voglia di
fuggire da lì? Problemi sul lavoro?
Mi manchi tanto anche tu, e ti amo, di più!
Mi manchi tanto anche tu, e ti amo, di più!
Rasentavamo il
ridicolo, tanto eravamo romantici certe volte. Ce ne importava qualcosa?
Ovviamente no. Di colpo tutte le insicurezze che avevo avuto nei due giorni
erano sparite. Mi convinsi che le paranoie di quei giorni restavano tali, lui
non mi trattava diversamente, non sembrava arrabbiato con me o deluso da
qualcosa, anzi. Probabilmente per colpa del poco tempo a disposizione, per la
stanchezza, i problemi sul lavoro, lo studio e tutto quello che lo preoccupava
aveva semplicemente poco tempo da dedicarmi. Sapevo che poteva capitare, quando
ha preso quell’aereo, subito dopo Natale, ero certa che ci sarebbero stati
momenti come questo e la nostra promessa, la mia promessa, serviva proprio ad
essere sicura che dall’altra parte nulla era cambiato. Mi aveva detto che mi
amava, mi voleva con sé in vacanza e fantasticava di fare l’amore con me.
Potevo essere più contenta?
Si, in realtà.
Potevo prendere quel biglietto aereo ed utilizzarlo. Potevo raggiungerlo,
coccolarlo, farmi prendere tra le sue braccia e dormire accanto a lui di notte.
Potevo farlo.
Object: Bisogno di alleviare lo stress!
Al lavoro non ci sono più alti e bassi, ci sono solo bassi. C’è sempre qualche emergenza, qualcosa da fare, qualche motivo per restare ore in più. Quando arrivo a casa sono distrutto e non ho la forza di mettermi sui libri o davanti al computer. Sto tutto il giorno in piedi e quando mi stendo sul letto faccio fatica ad addormentarmi per il dolore alle gambe. Sono distrutto. Devo riprendere a fare qualche allenamento perché mi sto rammollendo!
E tutto questo alimenta lo stress. Quando ci rivedremo avrò i capelli bianchi.
From: bellswan@gmail.com
Al lavoro non ci sono più alti e bassi, ci sono solo bassi. C’è sempre qualche emergenza, qualcosa da fare, qualche motivo per restare ore in più. Quando arrivo a casa sono distrutto e non ho la forza di mettermi sui libri o davanti al computer. Sto tutto il giorno in piedi e quando mi stendo sul letto faccio fatica ad addormentarmi per il dolore alle gambe. Sono distrutto. Devo riprendere a fare qualche allenamento perché mi sto rammollendo!
E tutto questo alimenta lo stress. Quando ci rivedremo avrò i capelli bianchi.
From: bellswan@gmail.com
Object: Come alleviare lo stress!
Sarai bellissimo lo stesso, anche se avrai i capelli bianchi.
Come potresti fare? Ci sono molti modi per alleviare lo stress…potresti correre, fare a pugni…quello ti riesce bene, magari con Emmett!
Oppure potresti…cucinare! A me rilassa tantissimo mettermi ai fornelli, sbatacchiare un po’ di pentole qua e là!
Potresti stare sotto il getto d’acqua calda per lungo tempo e pensare a cose positive.
Oppure…
Sarai bellissimo lo stesso, anche se avrai i capelli bianchi.
Come potresti fare? Ci sono molti modi per alleviare lo stress…potresti correre, fare a pugni…quello ti riesce bene, magari con Emmett!
Oppure potresti…cucinare! A me rilassa tantissimo mettermi ai fornelli, sbatacchiare un po’ di pentole qua e là!
Potresti stare sotto il getto d’acqua calda per lungo tempo e pensare a cose positive.
Oppure…
Speravo vivamente che stesse
al gioco, che continuasse a scherzare con me e che, soprattutto, capisse dove
volevo arrivare! Certe volte mi sentivo una sporcacciona…poi pensavo che era
troppo tempo che non stavo con lui e i sensi di colpa passavano in un lampo!
From: edcullen41@gmail.com
From: edcullen41@gmail.com
Object: Oppure…
…se fossi qui….potrei sbatterti su ogni superficie e perdermi dentro di te!
…se fossi qui….potrei sbatterti su ogni superficie e perdermi dentro di te!
Alla sua risposta mi sentii felice ed eccitata. Tanto eccitata. Mi mancava.
Le sue mani sulla mia pelle,
le dita che mi stringevano la carne, l’indice e il pollice che giocavano con i
miei capezzoli. Mi mancava la sua lingua birichina che scendeva lungo il mio
corpo facendomi rabbrividire. Mi mancavano le sue dita che giocavano dentro di
me mentre il suo corpo si stendeva piano sul mio. Mi mancava passare le mani
sulla sua schiena, sentire i suoi muscoli sotto la pelle. Mi mancava guardarlo
negli occhi nel momento in cui entrava in me. Mi mancava la sensazione di
sentirmi completa. Percepivo l’umidità delle mie mutandine e chiusi gli occhi,
immaginandolo qui di fianco a me, steso sul mio letto, mentre mi spogliava e mi
adorava.
From: bellswan@gmail.com
From: bellswan@gmail.com
Object: Così…
…Tanto che lascerei tutto quello che ho qui per venire da te.
…Tanto che lascerei tutto quello che ho qui per venire da te.
Era l’unica risposta che mi
serviva. Ora sapevo cosa fare.
Continuammo quel gioco per
un’altra mezzora. Mentre io organizzavo la mia vita per i giorni seguenti con
grande difficoltà. Le mail si erano fatte più profonde, più spinte. Mi descriveva
i luoghi dove voleva farlo. Il tavolo da biliardo, il divano del salotto, la
doccia, sul tappetino in palestra dopo un finto incontro. Ero frustrata perché
volevo disperatamente che fosse qui o che io fossi lì con lui e mettere in atto
tutte le meravigliose cose che mi stava descrivendo.
From: edcullen41@gmail.com
From: edcullen41@gmail.com
Object: Diamoci una calmata…
Ovviamente sono al lavoro, prima sistemavo delle cartelle in ufficio ora è arrivata un’emergenza e devo prepararmi. Bimba mi manchi da morire, organizziamola davvero la vacanza, non vedo l’ora di stare con te. Spero almeno di riuscire a calmarmi o farò fatica a camminare per colpa di tutti questi pensieri su di noi…
Ti amo.
Ovviamente sono al lavoro, prima sistemavo delle cartelle in ufficio ora è arrivata un’emergenza e devo prepararmi. Bimba mi manchi da morire, organizziamola davvero la vacanza, non vedo l’ora di stare con te. Spero almeno di riuscire a calmarmi o farò fatica a camminare per colpa di tutti questi pensieri su di noi…
Ti amo.
Scoppiai a ridere perché era davvero un pazzo. Mandarmi dei messaggi del genere mentre stava lavorando…folle! Provai ad immaginarlo mentre, chiuso in un ufficio, cercava di distrarsi un po’ e pensare ad altro mentre lavorava, anche solo nella mia mente era bellissimo. Pensai alle sue mani tra i capelli, al sorriso sghembo o lo sguardo malizioso in certi momenti. E mi vennero in mente tutte le parole che mi aveva detto nelle mail precedenti. A quella che mi aveva fatto tremare le gambe e le braccia e gettare la testa indietro pensando di vivere davvero quel momento.
“Voglio prenderti nella doccia. L’acqua che bagna i nostri corpi, la tua pelle morbida e liscia sotto il mio tocco. Voglio inginocchiarmi di fronte a te e sollevare una gamba per poterti leccare, per sentire il tuo sapore, per rendermi conto dell’effetto che ti faccio. Voglio vederti inginocchiata di fronte a me, le mie mani tra i tuoi capelli e perdermi nella tua bocca. Poi ti prenderei in braccio e non ti lascerei più, mi immergerei dentro di te e mi perderei fino a sentire le tue urla, fino a sentire il mio nome urlato nel momento del piacere. Dio quanto ti voglio bimba...”
In quel momento avevo seriamente pensato di togliermi quella frustrazione da sola, di scendere con le mani lungo il mio corpo… Ma non ero sola in casa e dovevo tenere la porta aperta per sentire Claire. L’avrei ucciso in quel momento, mi aveva gettata nello sconforto più totale, eccitata e lontana dalla fonte dei miei desideri. Però lo amavo e mi aveva tolto ogni dubbio dalla testa anzi, mi aveva chiarito cosa dovevo fare, come comportarmi.
Afferrai il
portatile e prenotai il volo.
Londra, arrivo.
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