giovedì 18 giugno 2015

Capitolo 58

Edward Pov.


Pensavo di aver esagerato con quei messaggi, credevo che poi l’imbarazzo ci avrebbe travolto e le nostre conversazioni sarebbero state monosillabiche o talmente veloci da riuscire a salutarci a malapena. Invece c’è stata una svolta sorprendente. Bella era sempre felice, allegra, riusciva a farmi stare bene anche da lontano; mi faceva svagare, mi raccontava cose che le accadevano oppure semplicemente chiacchierava di qualche libro o di qualche desiderio che aveva. La cosa più strabiliante era che iniziava lei le provocazioni alle volte, bastava un’immagine di un nuovo completo intimo acquistato durante lo shopping di quei mesi. Oppure mi scriveva “Sto facendo un bagno rilassante…e ti penso”. Stava diventando sempre più spigliata, più intraprendente, coraggiosa, meno pudica con me e mi faceva impazzire. Era una benedizione. Quei quattro giorni trascorsi dopo il nostro scambio di e-mail è stato il periodo migliore da quando me ne sono andato da Forks.
Avrei tanto voluto che usasse il mio regalo, lo desideravo con tutto il cuore, ma non me la sentivo di chiederglielo. Come potevo? Le avevo promesso che ce l’avremmo fatta ugualmente, anche senza vederci. Le avevo promesso che l’avrei chiamata ogni sera, ogni giorno, che anche se avrei sentito la sua mancanza avrei resistito. Ho fatto tutto ciò che le avevo detto in quell’aeroporto mesi fa, nonostante fosse difficile, anche se a volte guardavo la mia valigia nell’angolo della camera e mi prendeva la voglia di riempirla e volare da lei. Non avevo vacanze disponibili, non potevo lasciare il tirocinio per scappare da lei e volare da una parte all’altra del mondo non mi avrebbe permesso di studiare per gli esami che mi mancavano. Così la sera mi stendevo a letto, il tomo sulle gambe e la foto di lei accanto, sul comodino, leggevo un paragrafo e davo uno sguardo veloce a lei, un paragrafo ed un sorriso alla cornice digitale che mi ha regalato. Mi sentivo infinitamente stupido, ma un po’ meno solo. Ci sono stati momenti di sconforto, momenti in cui la vedevo dall’altra parte dello schermo e mi sarebbe piaciuto accarezzarla, toccarla, baciarla. Ci sono stati attimi in cui il cuore mi faceva male nel non vederla la mattina accanto a me, ma ho resistito. Volevo farcela, volevo essere forte per lei e per noi.
Anche se adesso che aspetto la metro per tornare a casa vorrei solo prendere l’altra linea, quella che potrebbe portarmi direttamente in aeroporto per salire sul primo aereo e volare da lei. E invece afferro il cellulare e compongo un messaggio.

“E’ in questi momenti che mi manchi come l’aria. Sto aspettando la metro e quando arriverò a casa mi sentirò così solo senza di te. Non vedo l’ora di terminare gli studi, il tirocinio.”

Prendo posto, sperando di arrivare a casa il prima possibile, fiondarmi sotto la doccia e stendermi sul divano per un’ora, almeno un’ora di riposo prima di mettermi a studiare. Il telefono vibra e sorrido, già sapendo che sarà lei.

“E dopo cosa farai?”

Non ne avevamo mai parlato seriamente, anche se quando sono stato da lei a Natale mi aveva fatto capire che tornare a Londra sarebbe stato difficile e che avrebbe tanto voluto restare lì. Suo padre poi, nel momento in cui ci ha sentiti affrontare l’argomento per sommi capi, aveva quasi ringhiato a sentire la mia città, comprensibilmente timoroso di veder fuggire la propria bambina ancora una volta. Inoltre ha firmato un contratto di lavoro poco tempo fa, è esaltata e allegra, orgogliosa di sé stessa e piena di vita da quando ha avuto tra le mani quelle carte, venire qui significherebbe ricominciare daccapo e non so quanto la faccia felice. Io dovrei comunque ripartire da zero, farmi un giro, un tirocinio di anni in un ospedale che poi potrebbe assumermi definitivamente…e siccome stare in due città separate e continuare questa vita non ha senso e non è contemplabile, l’unica alternativa è trasferirmi da lei.

“Dopo devo cercarmi assolutamente un lavoro, stipendiato quel minimo da garantirmi un affitto, un’assicurazione, il frigorifero pieno e magari qualche piccola vacanza!”

Svelare le mie carte subito no, grazie! Mi piace giocare un po’, portare la conversazione all’estremo, fin quando lei esasperata mi dice “E ci voleva tanto a dirlo?”
Lo faccio spesso, perché so che lei capisce ciò che voglio dirle, viaggiamo sulla stessa lunghezza d’onda ed è meraviglioso. E quindi sta al gioco, ma poi esplode!

“Ah, allora posso mettere una spunta a tutte queste cose, io ho un lavoro da settembre e non me ne dovrò preoccupare. Viaggiare mi piacerebbe tanto, ma non da sola….”

“Partiamo insieme! Dove vorresti andare?”

 “A parte che al momento non puoi viaggiare, bello! Ti ricordo che sei impegnato…ed io ho voglia di farmi una vacanza, di viaggiare…prendere l’aereo e andare via, almeno per qualche settimana, non serve molto! E tu non puoi, attualmente!”

“A parte che parlavo di futuro, bella! Comunque hai ragione, al momento non posso e sognare mi porta inevitabilmente a farmi male da solo…quindi restiamo con i piedi per terra!”

Parliamo del più e del meno, della sua mattinata, di cosa fa a casa e della piccola Claire che sta crescendo. Argomenti leggeri, anche se vorrei dirle “Ti amo! Sali sul primo aereo che ti porta qui da me, cazzo!”
Una volta a casa mi trascino fino al bagno, lascio gli abiti per terra e mi immergo sotto il getto caldo. Mi rilasso, chiudo gli occhi e cerco di non pensare al lavoro, agli esami, alla tesi che sto scrivendo e alla distanza tra me e Bella. Tornare a casa ogni giorno e trovarla così vuota mi lascia scontento. Ho sempre amato la solitudine, almeno negli ultimi anni; stavo bene nell’avere ogni angolo di casa mia libero, tutto e solo per me. Da quando, però, Isabella è entrata nella mia vita ha scombussolato anche quella parte di me che amava starsene per i fatti propri. Mi piacerebbe avere le sue scarpe all’entrata, due tazze sporche nel lavello la mattina, i suoi biscotti preferiti nella credenza e lo spazzolino di fianco al mio; amerei guardare i miei vestiti accanto ai suoi, nell’armadio, nella lavatrice, nel cesto dei panni sporchi. Ogni tanto mi perdo nelle mie fantasie, immagino di guardare il suo pigiama sotto il cuscino, nell’altra parte di letto; oppure sogno di inciampare negli abiti che ci siamo tolti nel salotto per fare l’amore. Non mi sono mai sentito di parlarne con lei, di dirle delle mie fantasie, di spiegarle che non voglio perdere tempo, che una vita con lei è tutto ciò che desidero ora; non gliel’ho mai detto e avrei dovuto farlo perché odio non dirle le cose. Quando esco dalla doccia mi sento meglio, come se l’acqua avesse spazzato via anche parte dei miei problemi, dei miei dubbi e del mio senso di solitudine, anche se so bene che una volta raggiunto il mio letto, stanotte, ricadrò nell’oblio. Infilo una tuta, afferro il tomo dell’esame che mi aspetta il prossimo mese e raggiungo il divano. Mi stendo e appoggio il libro su di me.

“Pronto per studiare?”

Il suo messaggio mi arriva nel momento in cui le stavo mandando il mio, decido di inviarglielo ugualmente con un sorriso ebete sul volto. E’ capitato più volte che mi anticipasse di qualche secondo, come se avesse una telecamerina o un sensore puntato su di me. E come faccio a non sorridere per questa connessione che c’è tra noi, nonostante le miglia che ci dividono?

“Postazione sul divano, presa! Libro sulle gambe e si parte a studiare. So che rischio di addormentarmi ma sono stanco e ho bisogno di stare comodo…”

“Non ti conviene riposare un po’ prima di ricominciare?”

“No, voglio impegnare la mente…”

“Perché?”

“Perché non vorrei avere questo libro di mezzo, vorrei che ci fossi tu, abbracciarti stretta mentre guardiamo un film qualsiasi alla tv.”

“Ti amo Edward”

“Anche io bimba!”

Ma non faccio in tempo neppure ad aprire la pagina in cui c’è il segnalibro che il citofono suona. Chi diavolo è a quest’ora? Non si rendono conto che disturbano la gente? Io avrei potuto essere a letto dopo la giornata che ho avuto! Dovevo studiare, è vero, ma gli altri mica lo sanno. Speriamo che sia stato solo lo scherzo di un ragazzino.

Resto sdraiato e apro il libro, ma il citofono suona ancora una volta e tocca alzarmi. Quando guardo dalla telecamera e noto che è James. Che ci fa qui? Gli apro senza rispondere e cerco di sistemare lo schifo che ho lasciato sul tavolino ieri sera, prima di aprire la porta di ingresso. Quando suona alla porta mi affretto per aprirgli.
-Ehi, che ci fai qui stasera?
-Sono passato per un saluto! Mi trovavo da queste parti in realtà perché ho finito da poco un appuntamento con un cliente e quindi mi sono fermato. Ti dispiace?
-No figurati… - lo precedo in cucina dove metto a fare del caffè, tanto per avere qualcosa da offrirgli, devo chiamare Rose e chiederle se può fare la spesa al posto mio domani. –Allora, che mi dici di nuovo?
-Sto seguendo a distanza i lavori per la ristrutturazione del palazzo dove instaurerò la sede secondaria della società e mi stanno togliendo il fiato e il sonno. Ci sono sempre problemi, disguidi, colore sbagliato, tende corte e cose del genere. Mi domando perchè assumo capi operai e capi progetto se poi chiamano me comunque!
-Perché tu sei il capo dei vari capi progetto, non è ovvio?! – sghignazziamo mentre afferro due tazze e servo il caffè.
-Tu invece? Non ti fai più vedere in giro da settimane! Sempre a casa o in ospedale! –sbuffo, perché ha dannatamente ragione. Vorrei avere anche io più tempo da dedicare agli amici, alla pulizia di casa, alla spesa, alle piccole cose di tutti i giorni!
-E’ un periodo così pieno che non so neppure dove sbattere la testa! – lui si guarda attorno, forse nota il caos in cui regna la cucina e annuisce. Purtroppo non ho avuto tempo di sistemare tutto, i piatti che ho usato sono nel lavello, hanno formato una pila impossibile da gestire in pochi minuti di tempo, bicchieri ovunque, e il secchio dell’immondizia colmo di roba. –Vado in ospedale, quando torno sono distrutto, faccio una doccia e mi metto a studiare, mangio un sandwich al volo o una di quelle vaschette di cibo precotto che mia madre odia con tutta sé stessa! Poi il più delle volte mi addormento sul libro e non ho tempo di sistemare tutto… Davvero! Sarei passato al locale se avessi avuto un buco libero! – per fortuna non mi fa la predica su come gestire la mia vita, come farebbe invece Rose o mia madre, per quello è il mio migliore amico, perché sa quando cambiare discorso e quando starsene zitto.

Mi racconta, finalmente, che quando a gennaio Seth è venuto a Londra gli ha confessato che si trasferirà a Seattle. Mi ha spiegato che ne hanno parlato a lungo, che hanno deciso come procedere, se andare a vivere insieme subito, se stare separati, se affrettare le cose o meno ma che ancora adesso, nonostante siano passati mesi, non sono giunti a una risposta definitiva. Mi dice che lui avrebbe già comprato la casa o almeno ne avrebbe cercata qualcuna, ma Seth vuole andarci piano. Gli faccio notare che si sta trasferendo a Seattle, non in periferia a Londra, ma nello stato di Washington che sta dall’altra parte del mondo rispetto a noi. Questo non è forse affrettare le cose? E allora mi spiega che Seth ha appena riallacciato i rapporti con Leah e che sta pensando di tornare a casa con lei, almeno per un po’, il tempo per tornare affiatati come una volta e che lui proprio non se la sente di dividerli. James farebbe di tutto per Seth, qualsiasi cosa. Sono sicuro che se il suo compagno gli avesse chiesto di restare a Londra, per il loro bene, lui l’avrebbe fatto nonostante tutte le sofferenze che deve patire qui. Sono sicuro che se gli chiedesse di partire ora, in questo preciso istante, James lascerebbe qualsiasi cosa qui per correre da lui. E’ fatto così, si è innamorato, ama con tutto sé stesso ed è una persona nuova. Da quando sta con Seth è più posato, educato, sempre quell’aria un po’ bizzarra che lo contraddistingue ma…è l’uomo più fedele che conosco, dopo mio padre. Di sicuro il suo compagno può ritenersi in una botte di ferro.
Come sono certo che Seth provi esattamente le stesse cose, anche se forse ha un po’ più paura a lanciarsi, buttarsi…sarà colpa dell’età o della distanza a cui non era pronto. Però li vedo bene insieme. Sono una coppia fantastica e sapere che sono felici, sapere che il mio migliore amico è innamorato ed è contento, mi fa stare bene.
-Tu con Bella? Avete pianificato qualcosa?
-No… - scuoto la testa guardando il mio caffè tra le mani. –Non ho ancora avuto modo di dirle cosa voglio fare né tanto meno lei lo dice a me. E’ frustrante per certi versi perché vorrei sapere cosa desidera, ma allo stesso tempo va bene così. Probabilmente è presto, io sono ancora bloccato qui…lei non vuole tornare! Le ho regalato un biglietto aereo e, in quattro mesi, ancora non l’ha usato. Mi domando cosa la frena…
Me l’ero chiesto tantissime volte, poi mi davo sempre delle risposte precise. Suo padre, il rapporto tra Seth e Leah che doveva ancora solidificarsi, oppure i colloqui di lavoro, anche solo la sua sorellina; tutte motivazioni che uscivano fuori dalla mia testa. Ma chiederle “Perché?” non ne ho mai avuto il coraggio. Non volevo che si sentisse obbligata a partire, però…mi mancava. Mi mancava da morire. Sapevo che sarebbe stato difficile e speravo che con quel regalo trovasse l’input per attraversare ancora una volta l’oceano e tornare da me, un giorno o l’altro.
E dopo tutto questo tempo ancora non l’aveva fatto. Mi dispiaceva, ma potevo capire la situazione e da una parte andava bene anche così. Non volevo obbligarla, non volevo che si sentisse oppressa, se a lei stava bene mantenere le distanze me lo facevo piacere anche a me. Solo, certi giorni, era più difficile di altri.
Sto per aggiungere delle cose quando il suo cellulare squilla. Si alza e si allontana di scatto, senza far domande recepisco poche cose della conversazione.
“Si…Si…D’accordo! Perfetto! Ciao”
-Devo andare! Edward non fare passare mesi prima di farti vedere! Siamo intesi? – annuisco e lo accompagno alla porta quando sto quasi per aprire si ferma di botto e si da una manata sulla fronte. –Che scemo! – dice ad alta voce. –Mi sono dimenticato che ti ho portato un regalo e non te l’ho neppure dato!
Sto per chiedergli di che cosa si tratta e perché il regalo quando il campanello della porta suona. Sono certo che sia Rose che viene a salutarmi per cui apro la porta senza neppure controllare.

La figura oltre la soglia mi blocca il respiro.

Il braccio mi ricade lungo il fianco, gli occhi sgranati e un sorriso ebete sul viso.

-Bella…- sussurro ma sono sicuro che mi ha sentito. Lei sorride dolcemente e piega la testa di lato alzando leggermente le spalle. E’ bellissima. Indossa un leggero trench beige che arriva a metà coscia, con una sciarpetta leggera, un paio di tronchetti alla caviglia ed un jeans stretto a sigaretta. A lato un trolley che le arriva al fianco e la borsa appoggiata sopra.
-Beh, questo sarebbe il mio regalo. Vi lascio ai festeggiamenti! – la risata di James mi riscuote e faccio appena in tempo a vederlo salutare Bella per poi andarsene.
-Posso entrare? – la sua voce! Dio, la sua voce! Sentirla così vicina mi è mancata tantissimo. Mi sposto e le sorrido. Una volta chiusa la porta mi avvicino da dietro e infilo le braccia attorno alla sua vita, piegandomi  per lasciarle un bacio sulla guancia.
-Non ci credo che sei qui…Dio che bello! – lei ridacchia e poi si gira tra le mie braccia. I miei occhi sono nei suoi, le fronti si toccano, le labbra si incurvano in due sorrisi meravigliosi. –Ti prego dimmi che sei reale!
-Certo che sono reale Edward!- ride forte e il cuore mi batte furioso nel petto. E’ tra le mie braccia! In un attimo appoggio le mie labbra sulle sue, morbide e fruttate grazie al solito lucida labbra. E’ la sua lingua che cerca la mia, che spinge per farmi aprire le labbra; è sempre lei che si insinua dentro la mia bocca e inizia la guerra con la mia lingua. Mi sento su di giri e in quel momento anche quella misera distanza tra i nostri corpi è tanta. La prendo in braccio e le sue gambe si stringono automaticamente attorno al mio bacino. Mi muovo come posso, fino ad arrivare al divano dove mi siedo portandola sopra di me. Le sciolgo la sciarpa e le tolgo il trench, tutto senza mai lasciare le sue labbra. Le sue mani invece sono nei miei capelli, li tira, graffia, ci passa le dita attraverso, è un rituale che mi è mancato tantissimo in questi mesi.
Quando ci stacchiamo entrambi abbiamo il fiatone e restiamo con le fronti appoggiate una all’altra per riprenderci. Occhi negli occhi. Dita intrecciate.
-Sei bellissima. E sei qui. Dio, quanto ti amo! – le lascio un bacio a stampo premendo forte e lei sorride.
-Mi mancavi Edward, mi mancavi tanto… - la bacio ancora, ed ancora, ed ancora, finché mi ritrovo con le mani sotto la sua maglietta ad accarezzare la sua pelle nuda. Si ricopre di brividi quando arrivo alla chiusura del reggiseno e scommetto che può percepire benissimo la presenza del mio amico ai piani bassi.
-Devo calmarmi. Devo calmarmi. Devo calmarmi! – scoppia a ridere e scuote la testa scendendo dalle mie gambe.
-Abbiamo tempo. Ora scommetto che non hai cenato, vero?
-In realtà non ho neppure fame al momento! Torna qui, per favore! – lei scuote la testa e raggiunge la sua roba ancora all’entrata.
-Ti ho preso delle cose, ti conosco e sapevo che ti saresti accontentato del solito panino con quello che ti permetteva la credenza. Così prima di venire qui ho preso del cibo cinese! – al suono di quelle parole mi borbotta già lo stomaco. Sì, mi conosce proprio bene.
La raggiungo mentre afferra i manici di una busta di plastica e li estrae dall’impugnatura della valigia, ecco perché non avevo notato il cibo prima. La abbraccio da dietro, questa volta il suo collo è libero e posso immergermi.
-Ti amo, ti amo! Non puoi immaginare quanto! Grazie di essere qui… - la stringo forte e lei mi abbraccia come può, intrecciando le dita a quelle di una mia mano mentre le altre vanno ai miei capelli. Il cibo già dimenticato. Le lascio numerosi baci sul collo per poi arrivare alle labbra in un bacio ricambiato con dolcezza. –Cosa ne dici se ti cambi e mi raggiungi in cucina? Io intanto preparo per due…
-In realtà non vorrei disfare la valigia…dopo devo andare dalle ragazze e non vorrei lasciare cose qui e cose lì…insomma ho paura di perdere qualcosa. – la guardo e cerco di capire cosa sta dicendo. Cosa ha detto? Penso di non aver capito. Dopo andrà dalle ragazze? Dopo quando?
Ci deve essere un problema di fondo…perché non ho capito cosa ha detto. La guardo per cercare di capire cosa ha detto, come se fissarla potesse darmi qualche spiegazione in più. Pensavo dormisse qui, l’ho dato per scontato. E’ casa mia, siamo stati lontani mesi, abbiamo tanto tempo da recuperare e…non la voglio lontana per nulla al mondo. Voglio vederla nel mio letto la mattina quando mi sveglio, voglio tenerla stretta, voglio che si riappropri della sua parte di letto. La voglio qui, nel mio appartamento. Da nessun’altra parte.
-Scusa…puoi ripetere?
-Ho detto che dopo vado dalle ragazze e…
-No, alt. Stop. Dove vai tu?
-Dalle ragazze, ho ancora la mia camera, me l’hanno detto un paio di giorni fa…
-Tu non hai capito! Se pensi che ti lasci uscire da quella porta ti sbagli di grosso, soprattutto se pensi che ti farei dormire in un altro posto che non sia il mio letto. – la guardo mentre si morde il labbro e sul volto appare un sorriso, sono pronto a dirle che non deve pensare più una cosa del genere quando scoppia a ridermi in faccia. La osservo e si piega proprio per quanto è sconvolta da qualcosa che, evidentemente, la diverte tanto.
-Oddio, lo sapevo! Dovevo prendermi una telecamera! – si ricompone e mi fa l’occhiolino. –Scherzavo Edward, non dormirei in nessun altro letto che non sia il tuo, questa notte e tutte le altre notti che starò a Londra! – si avvicina e mi bacia piano prima di spostarsi in velocità e passarmi la busta con il cibo.
-Che simpatica! – le dico ironico e ottengo una linguaccia in risposta. –Dovrei punirti e lasciarti andare davvero a casa delle ragazze, così vediamo poi che succede! – lei mi sorride maliziosamente e scuoto la testa, sa già dove voglio arrivare. –Ma mi sei mancata troppo! Fai come fossi a casa tua! – le stringo la mano prima di dirigermi in cucina e guardarla portare la valigia in camera da letto. Dio, è qui e la sua valigia sarà nella mia camera, lo spazzolino nel mio bagno e dormirà con me tutta la notte, tutte le notti. La stanchezza ora è sparita completamente!

 

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